lunedì 31 gennaio 2011

Verdun 1916 nelle riviste “Sur le vif”, “Panorama de la guerre”, “Le Miroir” Seconda parte


La rivista fotografica "Le Miroir" anche nel corso della Battaglia di Verdun si distingue dalle altre pubblicazioni. Le fotografie sono entrate nella storia dell’immagine della Prima Guerra Mondiale anche da un punto di vista particolare: la devastazione dell’ambiente.
Il forte di Douaumont è diventato uno dei miti della Battaglia di Verdun: considerato da Joffre inutile come tutti i forti, è occupato il secondo giorno della battaglia. A difenderlo sono rimasti solo una cinquantina di territoriali che stanno completando l’opera di smantellamento, i tedeschi lo occupano e danno risalto internazionale all’impresa: è a questo punto che la riconquista di Douaumont diventa simbolica. I combattimenti attorno a Douaumont sono estremamente violenti e le artiglierie opposte martellano la struttura di cemento riducendo il forte a un paesaggio desertificato, quasi lunare. "Le Miroir" nella stessa pagina mette a confronto due fotografie aeree, una del forte prima dell’attacco tedesco e un’altra mentre si svolgono i combattimenti. L’effetto è impressionante, al posto dell’edificio il terreno è semplicemente segnato da un’enorme macchia bianca coperta di crateri.
Le Miroir, N° 144 del 27-8-1916
Un confronto fotografico di questo tipo apre il tema della fotografia aerea e del suo affermarsi nel corso del primo conflitto mondiale. Nel corso della guerra verranno eseguite migliaia di fotografie aeree che metteranno gli stati maggiori degli eserciti in grado di controllare preventivamente il territorio e di pianificare gli attacchi.
E’ un processo culturale che non avviene di colpo, ma che si manifesta gradualmente e pone la vittoria nelle mani di chi controlla lo spazio aereo del territorio conteso. La fotografia aerea, figlia dello sviluppo della fotografia e della società di massa e industriale, risponde al bisogno di controllare di più e meglio il territorio che circonda l’essere umano. Quale visione migliore di quella dall’alto? Già Nadar, il primo ad effettuare riprese fotografiche da un pallone aerostatico, aveva indicato negli usi militari della fotografia aerea un passaggio importante nelle strategie e nelle tattiche nella guerra del futuro. Queste intuizioni tarderanno a concretizzarsi sul piano strategico della guerra, ma quando si comprenderà il valore decisivo dell’aviazione, le immagini aeree compariranno numerose sulle riviste illustrate ed eserciteranno un grande fascino sui lettori.
Altro luogo simbolo della battaglia è la collina del Mort-Homme, sulle pendici di questa altura si svolgono combattimenti di estrema violenza che sono raccontati da un’illustrazione molto efficace di "Le Panorama de la guerre" e da una fotografia di "Le Miroir": nella prima un combattimento corpo a corpo in cui i francesi difendono ogni palmo di terra, nella seconda vediamo un deserto: la terra sembra sconvolta dal passaggio di un enorme aratro.


Le panorama de la guerre-Le Miroir, N° 142
L’idea della modificazione del paesaggio ad opera di una scelta perversa degli uomini, risulta più efficace se si osservano le fotografie pubblicate sulle riviste con l’aiuto di alcune testimonianze di chi assiste a questa modificazione o la ricorda negli anni immediatamente successivi.
Un cappellano militare della 51° Divisione di Fanteria, l’abate J. Schuhler, il giorno 24 febbraio così descrive la situazione in cui lui e i soldati che gli sono vicini, vengono a trovarsi:
"Le grandi bombe cadono con rumore spaventoso e dentro nubi di fumo opaco, aprendo enormi crateri e moltiplicando le vittime. E' una valanga di terra calcinata, di schegge, pezzi di alberi: a volte, purtroppo, brandelli umani, gambe e braccia proiettate in aria, restano attaccati ai rami: spettacolo di un orrore indescrivibile."
La guerra di materiali rende impotente l’uomo. Ma se un paesaggio si modifica a causa di una tempesta di fuoco scatenata dagli eserciti, è l’essere umano stesso a sprofondare nel vortice. Chi sopravvive è un naufrago.
La modificazione del paesaggio a Verdun non sarebbe comprensibile senza un confronto con lo stupore di chi vede un piccolo mondo fatto di boschi, valli, villaggi, cambiare totalmente aspetto.
"Nel pomeriggio, le batterie tedesche, senza dubbio su indicazione degli aviatori, aprirono un fuoco battente sulla Quota 304 almeno per due ore. Quante tonnellate di proiettili caddero su questa collina? Con la mente scossa dalle vicine esplosioni, abbrutiti, aspettavamo in ogni momento di essere polverizzati, era sufficiente essere colpiti da una raffica. Infine l'uragano di ferro e di fuoco si calmò gradualmente per far posto ad un fuoco di sbarramento con intermittenza quasi regolare e quasi per caso."
Il bottaio Louis Barthas ha lasciato nei suoi diari di guerra una testimonianza importante su Verdun e sulla Grande Guerra. Barthas partecipa ai combattimenti nella primavera del 1916 davanti al Mort-Homme, insieme ai suoi compagni subisce il bombardamento; la collina del Mort-Homme appare a Barthas come:
"una collina che non si differenziava in niente da quelle vicine. Sembrava che fosse stata in parte boscosa, ma non c'era più traccia di vegetazione: la terra sconvolta offriva allo sguardo solo uno spettacolo di desolazione."
"Le Miroir" è in grado di offrire ai suoi lettori altre fotografie da cui è possibile comprendere cosa sia accaduto a Verdun, fra queste una è dedicata ai proiettili, alle milioni di bombe che hanno colpito il territorio.
Le Miroir, N° 158
Questa immagine evoca un impressionante silenzio, parlano solo i resti di metallo, i contenitori delle bombe: alcuni di essi saranno lavorati e modellati dai soldati per farli divenire portafiori a perenne ricordo della battaglia.
Sono milioni di bombe che cadono su uomini intrappolati in quello che sembra un girone infernale. Come sempre "Le Miroir" riesce a distinguersi: il combattimento non è presentato ai lettori con un’illustrazione, ma con una fotografia che non mostra alcun eroismo. C’è solo un gruppo di esseri umani sovrastato dal fumo delle esplosioni e rintanato in una fossa, attorno alberi scheletriti e bruciati.
Le Miroir, N° 159
Il confronto con l’illustrazione di "Le Panorama de la guerre" sul combattimento al Mort-Homme, colpisce: in questa fotografia non c’è alcun segno di eroismo, il gruppo di soldati è isolato in un fossato e sembra un’infinitesima parte del disegno di distruzione generato dalla guerra di materiali. Nell’illustrazione sopravvive la speranza che i combattenti stiano difendendosi e forse prevarranno, nella fotografia l’uomo è un naufrago in una tempesta d’acciaio. La fotografia vince il premio da 500 franchi messo in palio dalla rivista.
Sulla collina del Mort-Homme c’è un monumento che, se osservato con gli occhi di oggi, meglio di altri esprime la denuncia della guerra come offesa al genere umano. Quando venne eretto prevalse lo spirito del nazionalismo, per questo una scritta posta alla base ricorda che “non sono passati”.
Il soldato francese, caduto nel corso dei combattimenti al Mort-Homme è uno scheletro che si avvolge in una bandiera; attorno alla statua il bosco, oggi ricresciuto, mostra ancora visibili le tracce di bombardamenti e di una lotta così violenta da far diventare questo luogo simile a un deserto. Nei ricordi dei combattenti, il Mort-Homme venne associato più di ogni altra località in cui si svolse la Battaglia di Verdun, all'Inferno dantesco.
Un Inferno del tutto simile per francesi e tedeschi.

Monument de l’esquelette, Mort-Homme,
fotografia di Stefano Viaggio, 2003
Lo scheletro del Mort-Homme riassume tutte le fotografie e le illustrazioni di cui abbiamo parlato ed è difficile associarlo a una singola immagine. Due croci sono state poste davanti al monumento dello scheletro: una di pietra piatta e grigia, dedicata ai soldati tedeschi, l’altra bianca e di legno, simile a quelle di tanti cimiteri di guerra francesi.

stevial@interfree.it



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