domenica 27 novembre 2011

1914-1918: l’immagine e la parola- terza parte

1916

1-Evacuazione delle truppe britanniche da Gallipoli sotto un bombardamento dei turchi. Le Miroir, N° 118 del 27 febbraio 1916.

Chissà se è falsa o autentica questa fotografia pubblicata da una rivista che più delle altre utilizza il “sensazionale” per raccontare la guerra? L’effetto, comunque, è di grande impatto. Qui, non è facile distinguerlo, c’è un uomo che corre in mezzo al fumo delle esplosioni. A Gallipoli o altrove, l’uomo-soldato il più delle volte è solo ad affrontare la macchina enorme della guerra industriale che lo sovrasta e lo stupisce. L’italiano Ricciotto Canudo, amico di D’Annunzio e volontario nel 1914 con i garibaldini delle Argonne*, partecipa come ufficiale dell’esercito francese alla spedizione di Gallipoli e lascia a tutti noi una visione della guerra cruda, ma temperata dalla finezza di un intellettuale che ha partecipato alla stagione delle avanguardie artistiche di inizio secolo. A Gallipoli si muore e si vive sotto un sole implacabile.
“Un mattino, all’alba, turchi vennero a deporre davanti alle nostre trincee dei nostri feriti. Gravi, taciturni, sembravano vestiti di fatalismo…La luce del sole nascente dava loro qualcosa di immateriale, li ingrandiva in modo strano…Avevano radunato i loro feriti tra le due linee. Li abbiamo lasciati fare nella speranza che seppellissero i loro morti; questi atroci focolai di morte con un aspetto umano che sono i cadaveri tra le linee, si dissolvono con un fetore intollerabile al calore del sole…Il contatto tra le loro e le nostre mani sullo stesso corpo ferito, loro per offrire e noi per ricevere, è stato il nostro solo linguaggio. Siamo nemici, non dobbiamo parlarci.”
[da Combats d'Orient-Dardanelli e Salonicco (1915-1916), di Ricciotto Canudo, Hachette & Co. 1917]
*Prevediamo in futuro di dedicare uno o più post all’immagine fotografica dei volontari garibaldini che nel 1914 combatterono nella foresta delle Argonne.
2- Ragazza con in capo il nuovo casco Adrian. Cartolina spedita il 16 gennaio 1916.
Questa cartolina, spedita a poco più di un mese dell'attacco tedesco a Verdun, evoca l'immagine della Marianna. Questa volta al posto del cappello frigio c'è il nuovo casco Adrian. Prima di adeguare le divise e la protezione dei soldati in trincea, gli alti comandi francesi hanno perso molto tempo. Il kepì e i pantaloni rossi hanno provocato un numero sterminato di vittime, sacrificate all'assurdo attaccamento a una tradizione che mitragliatrici, artiglierie e fucili a lunga gittata hanno fatto a pezzi già dall’agosto del 1914. Jules Romains ha raccontato la Grande Guerra dei francesi in un’opera dalle dimensioni enormi: qui il primo giorno dell’attacco tedesco, quando, dopo un bombardamento mai visto nella storia della guerra, pochi e dispersi soldati francesi difendono le loro posizioni e contribuiscono al fallimento dell’offensiva contro Verdun.
“Ognuno dei sopravvissuti era convinto di essere solo, o almeno di essere rimasto insieme a due o tre compagni soltanto. Tutti soli in prima linea, nel veder venire avanti un po’ lentamente i visitatori, come grigie cavallette. Che poteva fare da solo? Cosa potevano fare in due o in tre nelle macerie delle loro trincee? Tuttavia si misero a sparare scostando il corpo del compagno morto che impediva di appoggiarsi al parapetto, come tre ore prima ne avevano spostato un altro...E quando rimaneva una mitragliatrice che il bombardamento non aveva distrutto, qualcuno dei sopravvissuti puntava la mitragliatrice e un altro passava le cartucciere. Ed erano tutti sorpresi di intendere che lungo la prima linea, altri fucili sparavano, e che altre mitragliatrici facevano tac-tac-tac-tac…”Guarda! Non sono mica tutti morti”si dicevano e aggiungevano” Ma cosa fanno nelle retrovie? Cosa attendono per venirci ad aiutare? Cosa aspettano per chiedere l’artiglieria?”
[da Gli uomini di buona volontà, XVI° volume: Verdun, di Jules Romains, pag. 58, Ed. Flammarion,1938]
3-Morte di un tenente colonnello in trentino, nel corso della Spedizione Punitiva. Domenica del Corriere, 16-23 luglio 1916.
L'ufficiale prima di morire raccomanda di tenere la postazione;la rappresentazione che Beltrame offre di questo episodio, avvenuto nel corso dell’offensiva austriaca in Trentino, è cinica. In mezzo a combattimenti che giornalisti come Luigi Barzini, definiscono “titanici scontri tra macchine mortali”, mostrare soldati obbligati a rendere omaggio ai caduti sotto un fuoco intenso di granate nemiche, significa abituare i lettori ad una guerra in cui si è costretti ad ubbidire ad ordini incomprensibili.
Assisto la notte violentata
L’aria è crivellata/come una latrina/dalle schioppettate/degli uomini/ritratti/nelle trincee/come lumache nel loro guscio
Mi pare/che un affannato/nugolo di scalpellini/batta il lastricato/di pietra di lava/delle mie strade/e io l’ascolti/non vedendo/in dormiveglia
[di Giuseppe Ungaretti, Immagini di guerra, agosto 1916, da Il porto sepolto, pag. 218 in Le notti chiare erano tutte un'alba, antologia dei poeti italiani nella Prima Guerra Mondiale, a cura di A. Cortellessa, Ed. Bruno Mondadori, 1998]
4-Lo Zar, Nicola II, si congratula per il successo dell'offensiva in Galizia del generale Brussilov. Sur le Vif N° 88, 15-7-1916.
Questa è una delle ultime fotografie in cui compare Nicola II in veste di zar di tutte le Russie. Per ora è un momento di soddisfazione: il suo esercito ha battuto gli austroungarici grazie all’abilità del generale Brussilov. Ma è anche l’ultima scintilla. Nicola II fra pochi mesi sarà travolto dalla rivolta del suo esercito che non vuole più combattere in condizioni disastrose. Nonostante le cattive e preoccupanti notizie che giungono dalla Russia, l'immagine dello zar diffusa in occidente è rassicurante e non si discosta mai dall'ufficialità. Brussilov negli anni della rivoluzione si metterà al servizio del Governo Sovietico.
“Da qualche giorno i giornali austriaci segnalavano un'intensa attività dell'artiglieria russa nel settore sud di questa parte del teatro di guerra, in particolare nella regione del medio Styr. La censura non permetteva di scrivere che i russi erano così minacciosi, tanto da far disporre l'evacuazione della città di Luotsk. Tuttavia niente faceva prevedere che i nostri alleati intendessero lanciare realmente un'offensiva, ma nella notte del 5 un dispaccio annunciava che la lotta era iniziata dal Pripet al Dniester e che l'armata del generale Brussilov aveva catturato 13.000 prigionieri, insieme a cannoni e mitragliatrici. I giorni seguenti il successo russo appariva più netto: più di 40.000 soldati 900 ufficiali, 77 cannoni, più di 120 mitragliatrici sono cadute nelle mani dei nostri alleati. Il successo non è più limitato ad un solo settore. La battaglia si è estesa su un largo fronte compreso tra il Pripet e la frontiera rumena, e cioè ai confini della Bukovina, su circa 400 chilometri.”
[da L'Illustration del 10 giugno 1916, N° 3823, pag. 543, rubrica settimanale La Guerre (96° settimana, 2-9 giugno): L'offensive russe.]
5-L’artiglieria britannica nel corso della fase preparatoria della Battaglia della Somme.“Illustrierte Geschichte des Weltkrieges 1914-1916”.
Forse tratta da una fotografia o da uno spezzone cinematografico, l’immagine degli artiglieri britannici sulla Somme è entrata a far parte del ricordo della Grande Guerra. Il bombardamento preparatorio durò sei giorni, poi scattò l’attacco della fanteria, ma le difese tedesche non erano state distrutte, anzi tra i crateri e la terra sconvolta si appostarono le mitragliatrici. Per i giovani volontari britannici fu un massacro: la giornata del 1° giugno è ricordata come uno dei più gravi disastri in tutta la storia militare dell’Impero Britannico. Un aristocratico tedesco, Arnold Vieth von Golssenau (Dresda 1889 - Berlino 1979), che cambiò il suo nome in Ludwig Renn, ha raccontato la sua esperienza tra il 1914 e il 1918 in modo memorabile in un libro autobiografico dal titolo “Guerra”. Lduwig Renn, iscritto al Partito Comunista Tedesco, fu organizzatore e comandante delle Brigate Internazionali in Spagna contro il fascismo.
“Immaginate, diceva il colonnello, cento pezzi d’artiglieria su un fronte di un chilometro! Immaginate l’effetto che tutto questo può produrre su di noi! I nostri uomini non potranno mai resistere a questo fuoco battente!”
[da Guerra di Ludwig Renn, pag. 158, Ed. Flammarion, 1928 ]
6-La battaglia dello Jutland. Le Miroir N° 135, del 25 giugno 1916.
Il settimanale Le Miroir pubblica una rappresentazione fotografica, ma con un ritocco molto forte, dello scontro navale nel Mare del Nord. Al posto di immagini eseguite prima o dopo la battaglia, oppure illustrazioni ispirate all'oleografia tradizionale, queste due fotografie cercano di fornire in modo veritiero l'immagine di una battaglia navale in cui gli avversari non si sono mai visti.
“…D’un tratto, e per quello che mi riguarda, con molta sorpresa - sapevamo che il combattimento tra gli incrociatori si spostava verso il Nord- sentimmo un violento cannoneggiamento molto ravvicinato e scorgemmo i nostri incrociatori da battaglia uscire dalle nebbia molto velocemente e sparando a tiro rapido. Grandi colonne d’acqua sollevate dai proiettili nemici si innalzavano attorno ad essi. Per me fu questa l’impressione più viva che provai nel corso della battaglia, senza dubbio per il fatto che si trattava del primo spettacolo di un combattimento navale a cui assistevo. Erano circa le 6 del mattino. Sulle torpediniere non avevamo alcun ruolo attivo nel combattimento della flotta da battaglia. Non c’erano nemici alla portata dei nostri cannoncini. Eravamo semplici spettatori con tutto il tempo necessario per immaginare l’avventura della battaglia. La mia prima impressione fu che i nostri incrociatori fossero completamente crivellati: i proiettili cadevano numerosi attorno ad essi e non si vedeva alcuna traccia del nemico. Non potevo rendermi conto che i tedeschi incassavano colpi come e più di noi. Presto questi pensieri mi abbandonarono, volsi la testa e vidi la nostra flotta nella sua formazione di navigazione: uno spettacolo magnifico che dava una fiducia assoluta.”
[Dalle note scritte subito dopo gli avvenimenti da un ufficiale della torpediniera Manead della 12° flottiglia, in La Battaille du Jutland racontée par les combattants, 1927, pagg.175-176 Ed. Payot, Parigi 1927]
7-Un combattente francese a Verdun. La Guerre documentée, 1916.
Lucien Jonas fu uno dei maggiori illustratori francesi della Grande Guerra e questa immagine vuole celebrare il coraggio del poilus che va all’assalto all’arma bianca in un paesaggio di rovine. Nella lettera che pubblichiamo, lo spettacolo offerto dai combattimenti a Verdun è definito “fantastico” ed eccita l’immaginario della violenza. L’ombra della violenza scatenata in luoghi come Verdun, si proietterà su gran parte del Ventesimo secolo.
“Già da due giorni mi trovo in un settore del fronte di V…La vista del terreno mostra quanto furono violenti i combattimenti. Non un pollice di terreno che non sia sconvolto. La côte è un colabrodo. Non c'è riposo. Lavoriamo giorno e notte alla realizzazione di parecchie linee di difesa. Di notte aumenta il lavoro: le tenebre favoriscono i soldati…Giorno e notte la nostra artiglieria non smette di battere sulle trincee nemiche. Abbiamo delle perdite, ma sono minime a confronto di quelle dei boches. La notte intorno a V…non ci sono che un cerchio di fuoco e un frastuono terribile. Non si può immaginare. E' fantastico.”
[da una lettera del seminarista-soldato Maurice Leleu, dell'82° reggimento Fanteria, indirizzata all'abate Joseph Demeillers e pubblicata con il titolo "Prima della presa di Douaumont" sul giornale Le Patronage de Saint-Saveur aux armes, redatto dall'abate Demeillers con il contributo dei membri della Confraternita dell'Abazia di Saint-Saveur di Montvillers, presso Le Havre]
8-Illustrazione di Achille Beltrame sul primo impiego dei carri armati nelle fasi conclusive dell’offensiva britannica sulla Somme. La Domenica del Corriere, 8-15 ottobre 1916.
I carri armati, arma che dovrebbe sbloccare la situazione di stallo sul Fronte Occidentale, vengono impiegati dagli inglesi nel settembre del 1916 sulla Somme. L'illustrazione di Beltrame coglie la sproporzione tra gli uomini e le macchine che ormai stanno dominando questa guerra.
“Nel settembre 1916, gli inglesi impiegarono sui campi di battaglia i primi tanks usciti dalle loro fabbriche: grave imprudenza, perché i tedeschi, abili e pronti a copiare, avrebbero potuto impadronirsi dell’idea e, grazie alle superiori risorse della loro meccanica, utilizzarla in grande stile. Fortunatamente non compresero il vantaggio che avrebbero potuto trarre da queste nuove armi e ne costruirono un numero molto limitato e di qualità mediocre; negli ultimi mesi di guerra si accorsero dell’errore e cercarono di recuperare il tempo perduto, ma era troppo tardi. Alla fine della guerra, avevamo a disposizione 3.400 carri pesanti e leggeri, raggruppati in 8 reggimenti (artiglieria d’assalto). Il loro ruolo negli ultimi sei mesi di guerra fu così importante che il popolo li onorò con il nome di “carri della vittoria”.
[da Histoire de la Grande Guerre racontée a la jeunesse de France, di L. Mirman, 1925, pag.228 Albin Michel, 1925]
9-Infermiere accolgono i soldati feriti sulla Somme per caricarli su un treno ospedale. The great war- 1916.
Nel corso della Grande Guerra, l’immagine fotografica e di derivazione pittorica, e forse più ancora quella della cartolina postale, è caratterizzata da una diffusa presenza femminile. Le donne sono ritratte mentre attendono, pregano, educano i figli. Le donne in queste immagini, sono anche il riposo del guerriero e curano le ferite del corpo e dell’anima. Le infermiere, giovani spesso provenienti da famiglie agiate e che devono abituarsi al dolore e alla disperazione, iniziano a popolare le riviste che illustrano la guerra. L’infermiera assume il ruolo di un personaggio che illumina lo scenario oscuro di sofferenza. Questa illustrazione britannica ne è un esempio, come anche la pagina dello scrittore tedesco Arnold Zweig che in un romanzo ambientato sul fronte orientale, racconta l’abitudine alla morte di due ragazze tedesche di buona famiglia.
“I cattivi odori dei tifosi bosniaci la circondavano tutta e pareva che lei non se ne accorgesse nemmeno. Con la pazienza e l’esperienza che le venivano da due anni di servizio metteva a ogni malato il termometro, togliendolo quando era il momento e scrivendo poi i gradi sulla tabella a capo di ogni letto; faceva scendere il mercurio con un colpo e poi andava avanti. Il mercurio in quel tempo diventava sempre più prezioso e cominciava ad essere sostituito dall’alcool. Barbe appena ebbe salito le scale, nascosta in angolo dell’anima la gioia intima della sua femminilità, si lavò e si cambiò, pronta per sostituire l’amica. Si salutarono con un ciao. Non si diedero la mano perché erano già disinfettate. Ormai l’assistenza agli ammalati era fatta con indifferenza e senza dar peso alla vita umana, ma appunto per questo le due amiche ceravano di mettere ogni impegno nel lavoro. Anche nel loro vocabolario però due partenze significava due decessi. La morte era divenuta un flagello di tutti i giorni e la volgarità delle espressioni in proposito dilagava sempre più. Ma fino a che i loro pazienti erano in vita , le due ragazze non si risparmiavano e prodigavano loro, insieme alle cure, anche sorrisi affettuosi.”
[da La questione del tenente Griscia di Arnold Zweig, pag. 159, Mondadori 1961]
10- Fotografia eseguita dopo la riconquista del Forte di Douaumont. Le Miroir, N° 157 del 26 novembre 1916,
L'anno si conclude in questo modo: un'immagine come questa non ha bisogno di molte parole. Forse il mondo è veramente impazzito nel 1916. La fotografia è chiaramente un falso, qualcuno ha sollevato il cadavere del soldato tedesco e l'ha messo in posa per spedire e pubblicare una fotografia d'effetto e consolatoria: la speranza è che la riconquista di Douaumont avvicini la fine della guerra e la sconfitta della Germania.
"….O France, sol béni, nation adorable,/ Où le soleil du ciel est moins chaud que le cœur,/ De grâce continue en ta voie admirable,/ Arrète, brise, écrase avec tact et vigueur,/ L'allemand effronté, l'ennemi formidable,/ Etonne encor le monde avec ton bras vainqueur!..."
[da Chants d'Amour et de Haine di Joseph Perron, humble hommage d'un italien aux frères français, 1916: A l'occasion des hauts faits de Verdun. Raccolta di versi scritta in omaggio alla memoria del nipote di Joseph Perron, Joseph Cèlestin Gorret, sottotenente degli Alpini, caduto nella conquista di una trincea nemica nei pressi del Col di Lana, il 16 dicembre 1915. O Francia, terra benedetta, nazione adorabile/ dove il sole del cielo è meno caldo che il cuore/ di grazia continua nel tuo cammino ammirevole/ arresta, colpisci, distruggi con vigore e tatto il nemico formidabile/ stupisci ancora il mondo con il tuo braccio vincitore! Si è volutamente lasciato il testo in francese perché l'autore era un valdostano, italiano che parlava e scriveva in lingua francese.]



sabato 19 novembre 2011

1914-1918: l’immagine e la parola- seconda parte


1915

1-Cratere scavato da una mina e soldati in prima linea. Cartolina.


Questa cartolina è datata 17 ottobre 1915 e il testo è di difficile lettura, a causa del tempo e della grafia non chiara. Louis scrive alla moglie, Blanche, e dice che sta bene. Nonostante le rassicurazioni, l’immagine è desolante: in quello che sembra uno scenario di distruzione c’è un naufrago. Chi si aspettava una guerra breve si è sbagliato e il conflitto alla fine del 1915 è in una fase di stallo: nessuno può prevedere quale sarà il futuro.
“Anche ora, a tredici anni di distanza non posso che ripetere le stesse parole. Il sentimento di superiorità che non ci ha mai abbandonato per un solo giorno, nei confronti del pensiero politico ufficiale (compreso il socialismo patriottico), non era il frutto di una ingiustificata presunzione. In tale sentimento non c’era niente di personale. Era la conseguenza della posizione di principio che avevamo adottato: eravamo sopra un’altra vetta. L’impostazione critica ci dava la possibilità di cogliere con maggiore chiarezza le prospettive della guerra. Le parti belligeranti, come è noto, contavano su una vittoria rapida. Si potrebbero citare innumerevoli prove di questo ottimismo sconsiderato. “Il mio collega francese” scrive Buchanan nelle sue memorie “per un certo periodo fu così ottimista da scommettere con me cinque sterline che la guerra sarebbe finita prima di Natale.” Per parte sua Buchanan era intimamente convinto che la guerra si sarebbe conclusa al più tardi per Pasqua.”
[da La mia vita di Leone Trotskij, pag. 247, 1929, Mondadori 1976]
2-Vignetta satirica. “La Baionette”, numero speciale dedicato ai mutilati
Il settimanale satirico francese “La Baionette” fa il suo mestiere e scherza sulle cose serie. Il soldato decorato e mutilato dice alla sua madrina di guerra: “Ciò che mi consola, bella madrina, è che ora la mia caviglia è più sottile della sua.” Il messaggio rivolto al fronte interno, alle signore di Parigi e a tutti quelli che si stanno abituando alla guerra é: “sostenete i mutilati e i soldati che hanno ancora voglia di scherzare sulle loro disgrazie.” La realtà della trincea è cosa ben diversa e le inutili offensive del 1915 sul Fronte Occidentale, producono solo vittime. Ormai la guerra conta milioni di morti.
“Sembra che gli zappatori vengano questa notte, per preparare le scale d’attacco. Si devono piazzare dei cannoncini da 37 e dei lancia-bombe. La prima compagnia manderà fuori una grossa pattuglia. Tutto comincia a scuotermi; tuttavia, mentre divido il mio formaggio con Gilberto, cerco di convincerlo che non attaccheremo. Sulphart brontola, con la bocca piena. Non pensa più all’attacco, ma solamente alle ingiustizie che lo circondano. Mentre pulisce il suo piatto con un pugno d’erba, denunzia l’infamia del Gran Quartier Generale che favorisce indegnamente “i pelandroni del terzo battaglione che sono sempre imboscati” e che non da ai combattenti neanche la grappa, alla quale hanno diritto. Egli grida le sue proteste fin sotto il naso di Bréval, solo graduato presente, che non ha responsabilità in tutto questo ammasso di ingiustizie; finalmente il sergente Berthier si alza e lo fa tacere.”
[da Le croci di legno di Roland Dorgelès, pagg. 81-82, 1919, La Nuova Italia, 1930]
3-Grande cartina panoramica dei Dardanelli. Le Panorama de la guerre, 1915.

Una grande cartina a colori evoca il sogno di alcuni generali e di qualche politico, Wiston Churchill, che non vedono vie d'uscita ad una situazione immobilizzante nel 1915. La spedizione di Gallipoli si rivelerà un fallimento, per lo scarso appoggio politico e la presunzione nei confronti dell’esercito turco. A posteriori, fu giudicata dagli storici un'idea non sbagliata per sbloccare la guerra. Muovere un attacco agli Imperi Centrali dal sud, liberare la Russia dal blocco tedesco nel Mar Nero, sostenere la Serbia e piegare l’Impero Austroungarico minacciandolo alle sue frontiere, poteva essere una strategia vincente per accorciare la durata della guerra.
“Ai primi di settembre”, ricordò Vera Brittain, “ricevemmo la notizia della prima perdita nella nostra famiglia. Un cugino irlandese era morto in seguito alle ferite riportare dopo lo sbarco nella baia di Suvla. In realtà la sua ferita dietro l’orecchio non era grave, ma era rimasto senza cure per una settimana a Mudros, e quando venne operato da un chirurgo esausto sull’affollata nave Aquitania, l’infezione aveva già raggiunto il cervello. Conoscevo appena quel mio cugino, ma fui sconvolta dal constatare che vite umane andavano perdute per l’inadeguatezza del servizio sanitario nel Mediterraneo.”
[da La grande storia della Prima Guerra Mondiale di Martin Gilbert,pag.239,Mondadori 1999.La citazione di Gilbert, è tratta da Testament of Youth, an autobiographical study of the years, 1900-1925 di Vera Brittain]
4-I tedeschi respingono un assalto frontale dei francesi a Le Mesnil in Champagne, marzo 1915. “Illustrierte Geschichte des Weltkrieges 1914-1915”

Questa illustrazione sembra riprodurre in modo abbastanza realistico ciò che alcuni film sulla Grande ci hanno abituato a vedere: un assalto frontale con ingenti perdite per gli attaccanti. I film e i romanzi degli anni 20 e 30, mostrando e descrivendo la sofferenza dei soldati hanno un’ intonazione pacifista. Ma durante il conflitto furono in molti ad avere un atteggiamento diverso, e in particolar modo gli intellettuali. Il brano che riproduciamo è di Robert Hertz, giovane promessa dell’etnologia francese. Questo intellettuale di origine israelita, sembra dare alla guerra un valore mistico e di purificazione.
6 aprile 1915…Se non ritorneremo, voi avrete, senza di noi, il compito di condurre la giusta lotta, forse più rude di quella che ci è toccata, perché tutto qui è semplice e chiaro: noi sappiamo dove e chi è il nemico. In tempo di pace, bisogna sceglierlo, smascherarlo, indicarlo alla folla di coloro che credono che si possa vivere ed essere in pace. Non è così, mia amata? Mai pagheremo troppo cara la salvezza del paese dove il nostro figliolo crescerà, lavorerà, lotterà. Non daremo mai abbastanza per la liberazione esterna e interna della Francia(…)Depongo sulla tua fronte, moglie teneramente amata, un bacio grave e devoto - per sempre. Robert.
[Da una lettera di Robert Hertz a sua moglie Alice in “Un ethnologue dans les tranchées”, pag. 252, CNRS 2002. Robert Hertz, allievo e collaboratore di Emile Durkeim, muore il 13 aprile 1915 nel corso di un offensiva nella Woevre.]
5-Occupazione della piazzaforte di Prezemysl da parte dei russi. Sur le vif N° 26 del 8 maggio 1915.
Mentre le cose vanno male su tutti i fronti per gli eserciti dell'Intesa, giunge un risultato dai russi. Le immagini di questa sperduta città, faranno il giro d'Europa sulla stampa internazionale. E' un episodio che non avrà alcun peso sull'andamento della guerra. Ma su tutti i fronti, è attorno ad episodi come questo che si continuano a costruire le speranze di rapide e conclusive vittorie.
“La resistenza di Przemysl è stata eroica, soprattutto se si pensa che le truppe della guarnigione erano composte da elementi eterogenei, simpatizzanti piuttosto per gli assedianti che per gli Asburgo. Il compito dell'armata russa accampata attorno a Przemysl, durante un inverno rigido, è stato dei più difficili. Il terreno non permetteva il trasporto di artiglieria pesante e gli assedianti dovevano far fronte a costanti attacchi degli austro-tedeschi che, da est e da ovest, provavano a soccorrere la piazzaforte.”
[da Le panorama de la guerre 1914-1915, Vol. II, pag.166]
6-Verifica dopo un’esercitazione sui gas asfissianti. The great war- 1915

“Il ritorno da una camera a gas. Il medico militare esamina un uomo al suo ritorno dalla camera a gas. Il sacchetto di gomma sul davanti della maschera del soldato conteneva ossigeno, chi la indossava poteva aprire la valvola con un colpetto.” Così la rivista inglese descrive la fotografia che mostra un volto nuovo della guerra. L’esercito francese. dopo il lancio dei gas asfissianti da parte dei tedeschi nel corso della seconda battaglia di Ypres, organizza prove ed esperimenti per verificare l’efficacia delle maschere. La guerra dei gas s’intensificherà con il procedere della guerra e questi esperimenti non salveranno la vita a migliaia di soldati colpiti da questa nuova arma, vietata dalle convenzioni internazionali. L’incubo e la paura dei gas asfissianti si protrarrà ben oltre la fine della Prima Guerra Mondiale.
“La voce risuonò così cavernosa, che allarmata Gise si volse. Nel cortile, l’aveva sì colpita l’aspetto di Antoine, ma su quella prima impressione non aveva avuto agio di soffermarsi. Come poteva del resto non trovarlo cambiato? Lo rivedeva dopo cinque anni e in divisa. Ora, però, questa tosse…Che fosse più seriamente colpito di quanto lei lo credeva? Su quell’intossicazione, Antoine, non aveva mai dato particolari; lo si sapeva in cura nel mezzogiorno; “in via di guarigione” dicevano le lettere…
-L’iprite?- fece eco Chasle, con l’aria compiaciuta del competente in materia.
-Perfettamente: il gas d’Ypres. Che chiamano anche mostarda- e seguitando a fissare Antoine come un fenomeno raro: -L’ha ridotta ben male, quel gas…In compenso s’è buscata una croce di guerra…E con due palme, se mal non m’appongo…E’ lusinghiero!”
[Da I Thibault di Roger Martin du Gard,pag.1258,1936,Omnibus Mondadori 1951]
7-Affondamento del Lusitania, illustrazione di Achille Beltrame. La Domenica del Corriere N° 20, maggio 1915

Achille Beltrame non si discosta dall'immagine classica del bastimento che affonda con i naufraghi che disperatamente cercano di mettersi in salvo. Dal punto di vista iconografico, la vicenda del Lusitania sembra un replay del Titanic, ma la situazione è diversa. Siamo alla vigilia dell'intervento italiano; la copertina della Domenica, settimanale popolare dell'interventista Il Corriere della Sera, è un buon messaggio per un paese diviso che sta per entrare in una guerra, veicolo di cambiamenti epocali.
“…I sopravvissuti furono unanimi nel rendere omaggio al sangue freddo di cui diedero prova i passeggeri e i marinai che salendo sulle scialuppe, lasciarono donne e bambini passare per primi. Tuttavia, il transatlantico, inabissandosi, causò un risucchio enorme che inghiottì cinque imbarcazioni. Affondò nel momento in cui centinaia di passeggeri saltavano in mare; la maggior parte furono trascinati dal risucchio, molte delle vittime si aggrapparono a pezzi di legno frantumanti dall' l'esplosione. Qualcuno, scampando in modo quasi miracoloso, poté essere raccolto solo dopo molte ore trascorse in mezzo ai flutti…”
[da una didascalia a commento di un’altra illustrazione comparsa su Le Panorama de la Guerre, vol. II, 1914-1915, pag. 309]
8- Attraversamento del confine austriaco da parte dell'esercito italiano. La Domenica del Corriere N° 23, giugno 1915

E finalmente si attraversa il confine ingiusto per sconfiggere una volta per tutte il secolare nemico: i soldati italiani muovono all'assalto con spirito offensivo. Da questa immagine in poi le illustrazioni di Achille Beltrame perdono quell'umanità che avevano espresso quando la guerra la combattevano gli altri.
“Si avanzava cantando, senza aver quasi la coscienza esatta della guerra che si andava ad affrontare, ed anche quando si dovettero superare i primi ostacoli ed attaccare le prime linee di difesa avversarie ci si buttò avanti così, un po’ alla garibaldina; le batterie giungevano al galoppo fin sotto le posizioni e si piazzavano allo scoperto; i battaglioni andavano all’assalto con gli ufficiali in testa, a sciabola sguainata; tutte le baionette scintillavano al sole ed i trombettieri suonavano la carica, in piedi, sugli spalti. Poi…le linee di trincee abilmente scavate lungo il ciglio di ben munite alture ed il ferrugineo reticolato richiamarono a ben diversa realtà. Lungo tutta la fronte ogni giorno si scoprivano opere possenti di fortificazione e di sbarramento, e l’Austria precipitosamente vi faceva accorrere nuove forze dai campi di Serbia e di Galizia; la guerra si annunciava in tutta la sua asprezza.”
[Da La gesta e gli eroi, del Capitano Amedeo Tosti, 1928, pag. 26, Ed. Libreria Littorio,1928]
9-Donna armena che ha denunciato le atrocità dell'esercito turco. Le Panorama de la guerre, 1915.

Non vengono pubblicate mote immagini del primo genocidio del XX° secolo, questa donna armena lo sta denunciando. La rivista Le Panorama de la guerre è l'unica a mostrare alcune immagini di ciò che stanno facendo i turchi agli armeni. Donne come questa forse si salveranno, ma migliaia di armene saranno uccise, stuprate e i loro figli venduti come schiavi a famiglie di turchi.
“Della nostra famiglia eravamo in sette: io, mio marito, mia suocera, il fratello di mia suocera che era vescovo della nostra città e tre cognati. Abbiamo portato con noi una levatrice perché ero incinta e il medico turco che mi aveva visitata aveva detto che non era ancora tempo del parto e dovevo partire lo stesso. C’era anche una ragazza muta che ci ha seguiti per tutto il viaggio. Quando siamo arrivati a Erzincan ci hanno detto di lasciare i carri perché le strade erano brutte. Camminavamo tutto il giorno sotto il sole e non vedevamo l’ora che venisse la sera per riposare. Andavamo avanti tutti in fila. Quelli che non potevano proseguire li ammazzavano. In tutte le strade per cui sono passata c’erano cadaveri dappertutto. Dicevano che era colpa delle piogge se tanti erano morti. Dicevano che era meglio non rimanere indietro, altrimenti ti ammazzavano. In tutto eravamo diecimila persone. Abbiamo marciato costeggiando il fiume Eufrate. Il fiume era pieno di cadaveri. Erano i corpi degli armeni. Una parte era morta di stenti, gli altri erano stati ammazzati.”
[Dalla testimonianza di Hripsimé Amrighian Condakgian, pag. 60,in Hushér la memoria-Voci italiane di sopravvissuti armeni, di Atonia Arslan e Laura Pisanello, Ed. Guerini e associati, Milano 2005]
10-Ritirata ed esodo dell’esercito serbo. Le Panorama de la guerre, 1915.


L'iconografia ufficiale della disfatta dell'esercito serbo e della fuga del suo re, mostra un ponte attraversato da un popolo in fuga con alla testa un sovrano che si sorregge con il suo bastone. E', tutto sommato, un'immagine classica e antica. L'attentato di Sarajevo è stato organizzato dai serbi, ma per la propaganda ufficiale dell'Intesa essi sono le vittime di un'aggressione barbara.
“Da quei dieci giorni di bombardamento il ponte non ebbe a subire alcun grave danno. Le granate colpivano i pilastri lisci e le volte ricurve, ne rimbalzavano ed esplodevano in aria lasciando sui muri di pietra come sola traccia leggere graffiature bianche, appena visibili. E le schegge degli shrapnel schizzavano via come dei chicchi di grandine dai muri lisci e solidi. Soltanto i proiettili che raggiungevano proprio la carreggiata formavano nella ghiaia battuta piccole buchette e incavi, ma questo non si poteva notare finché non si arrivava proprio sul ponte. E così, in mezzo a tutta quella nuova tempesta che si riversò sulla città, scuotendo dalle fondamenta e rovesciando antiche abitudini, uomini vivi e cose morte, il ponte continuò a stare in piedi, bianco, duro e invulnerabile, come era stato da sempre.”
[da Il ponte sulla Drina di Ivo Andric, pag. 382, Mondadori, 1975]

stefanoviaggio@yahoo.it































domenica 13 novembre 2011

Guerra 1914-1918: l’immagine e la parola- prima parte

Premessa
In cinque post cercheremo di raccontare la guerra mondiale 1915-1918, attraverso 50 immagini: fotografie, cartoline e illustrazioni, tutte accompagnate da altrettanti testi tratti da memorie di guerra, articoli di giornali, saggi storici e opere letterarie. La riflessione sulla Grande Guerra iniziò già durante il conflitto e produsse una quantità di opere che continua ed è divenuta essa stessa oggetto di analisi da parte degli storici. I brani (sempre sufficientemente di breve durata) fanno parte di una biblioteca universale per un’umanità che ancor oggi non ha saputo imparare molto dalla lezione del passato.
1914
1-Illustrazione satirica su Guglielmo II-Le panorama de la guerre 1914
Sulle primissime pagine di questa nuova rivista francese, il Kaiser Guglielmo II nelle vesti di un avvoltoio. Non siamo ancora alla demonizzazione assoluta, ma la rappresentazione corrisponde a ciò che i lettori pensano sul comportamento della Germania che ha violato la neutralità del Belgio. Lo scrittore austriaco Stefano Zweig così raccontò gli ultimi giorni di pace in un libro memorabile, “Il mondo di ieri”, pubblicato poco prima del suo suicidio, nel 1942.
“Quell'estate del 1914 sarebbe rimasta indimenticabile anche senza la tragica sorte che essa recò sulla terra europea. Di rado infatti ne ho veduto una che fosse più rigogliosa, più smagliante, direi più estiva. Il cielo rimase serico e azzurro per giorni e giorni, morbida e non afosa l'aria, calde e profumate le praterie, i prati oscuri e densi di giovane vegetazione: ancor oggi, quando pronuncio la parola estate, debbo involontariamente pensare a quelle radiose giornate di luglio che trascorsi nel '14 a Baden presso Vienna.”
[da Il mondo di ieri di Stefan Zweig, "Le prime ore della guerra del 1914", prima edizione 1942, Ed. Mondadori, Milano 1994]
2-Un soldato inglese indica ad uno francese un giovane belga ferito al capo, il messaggio sul retro non reca data. Cartolina illustrata.

La violazione della neutralità del Belgio e il pericolo di un dispiegamento delle truppe tedesche sulla Manica, fanno scendere in campo la Gran Bretagna. La guerra ora non è più un affare solo europeo e la difesa del piccolo Belgio è presentata come una questione di civiltà, ma la posta in gioco è una nuova spartizione del mondo. Così un sacerdote belga racconta l’arrivo dei tedeschi.
“All'improvviso, ci fu un grido: -I tedeschi all'Hotel Europa!-. Poi una sbandata, un correre impazzito; i negozi si chiudevano; la gente correva con i bambini in braccio, altri chiudevano le loro persiane e sprangavano le porte. Mi mossi in direzione della piazza. E in effetti, davanti all'Hotel Europa, s'erano fermati due cavalieri tedeschi: revolver alla mano parlamentarono qualche minuto con un gruppetto di uomini, gettarono in aria manifestini rassicuranti per la popolazione civile, e ripartirono al galoppo verso Liegi.”
[Testimonianza di P.M., da Impressions de guerre de Prêtres Soldats, 1916, a cura di L. Grandmaison, Ed. Plon-Nourit & Co., Paris 1916]
3-Fotografia con soldati tedeschi prigionieri dei belgi, 1914 Illustré.

Il Belgio resiste all'aggressione più del previsto, nonostante la sproporzione delle forze in campo e la potenza della nuova artiglieria tedesca. La rivista belga conforta la popolazione mostrando prigionieri tedeschi. E' questo un esempio di occultamento della realtà che durerà per tutto il conflitto mondiale. Intanto nelle nazioni che, come l’Italia, per il momento non partecipano alla guerra, si diffonde l’ammirazione per la resistenza dei belgi. Così possiamo leggere su La Domenica del Corriere.
“Ma quale pazzia contagiosa ha preso il mondo intero?...Intanto la guerra, la grande guerra infuria. Come era facile prevedere tutti vincono! Lo stato maggiore tedesco giura che dall’inizio dei fatti d’arme al 10 corrente l’esercito tedesco non ebbe che 42 morti! Burloni! Mentre l’Imperatore Guglielmo è già sul campo di battaglia per fare da Padreterno e mettere lui le cose a posto, gli eserciti franco-anglo-belga da una parte e austro-tedesco dall’altra si apparecchiano, sembra, ad una grande battaglia che pare già iniziata e che avrà per teatro il Belgio e l’Alsazia. Comunque è positivo che sin qui la meravigliosa resistenza ha sconcertato il piano tedesco. Nei villaggi attorno a Liegi si combatte corpo a corpo versando sui tedeschi persino acqua bollente! I tedeschi protestano e chiamano ciò barbarie, ma i belgi difendono i loro focolari contro la loro brutale invasione.”
[da La Domenica del Corriere, pag.8, N° 34, 23-30 agosto 1914]
4-La potenza tedesca nel corso dell’attacco alla città di Liegi. Illustrierte Geschichte des Weltkrieges 1914-1915.

In questa illustrazione tratta dai primi numeri di una rivista austro-tedesca dedicata interamente alla guerra, le novità del conflitto: bombardamenti notturni dal cielo e potenza delle artiglierie. Le sconfitte di Charleroi e di Mons evocano tra i combattenti francesi l’ombra di Sedan. Paul Lintier, artigliere, ricorda quei momenti in un libro che sarebbe diventato famoso nella memorialistica della Grande Guerra.
“La battaglia è persa, non so come e perché. Non ho visto niente. L'ala destra francese è stata obbligata a ritirarsi di un bel pezzo, perché ho visto, molto avanti verso sud-est, delle esplosioni su grandi boschi che questa mattina erano lontani dalle nostre linee. Abbiamo cambiato completamente direzione. Mi viene l'angoscia. Le nostre vie di fuga sono libere?”
[da Ma pièce, souvenirs d'un canonnier-1914, di Paul Lintier, caduto il 15 marzo 1916 sul fronte di Lorena, Ed. Plon-Nourit & Co., Paris 1919]
5- Cosacchi. Le Miroir, N° 39, 23 agosto 1914.
Sul fronte orientale l'avanzata dell'esercito russo è più rapida di ciò che i tedeschi si aspettano. I russi verranno annientati a Tannemberg, ma la loro immagine per il momento è quella dei fieri cavalieri cosacchi che vengono in aiuto della Repubblica Francese. La scomoda alleanza con la Russia zarista è un fardello che i francesi dovranno accettare sino al 1917.
“Le ragioni per cui la guerra è stata così feconda di false notizie sono per la maggior parte troppo evidenti perché valga la pena di insistervi. Non si sottolineerà mai abbastanza fino a che punto l'emozione e la fatica distruggano il senso critico. Ricordo che quando, negli ultimi giorni della ritirata, uno dei miei capi mi annunciò che i russi bombardavano Berlino, non ebbi il coraggio di respingere questa immagine seducente; ne sentivo vagamente l'assurdità, e l'avrei certamente rifiutata se fossi stato capace di riflettere su di essa; ma era troppo piacevole perché una mente depressa e un corpo stanco avesse la forza di non accettarla. Il dubbio metodico è in genere segno di una buona salute mentale; perciò soldati sfiniti, con la mente annebbiata, non potevano praticarlo.”
[da La guerra e le false notizie, ricordi (1914-1915) e riflessioni di Marc Bloch,Donzelli 2002, pag. 111]
6- Uomini e cavalli uccisi nel corso delle prime battaglie dell’agosto 1914. The great war-The standard history of the all Europe conflict.

La guerra sta cambiando: la fotografia è il media che si impone per raccontarla. Questa immagine di uomini e cavalli uccisi sul campo di battaglia potrebbe ricordare le guerre ottocentesche. La rivista britannica evoca Lord Byron e Waterloo, ma la crudezza di questa fotografia e il suo realismo preannunciano la caratteristica della nuova guerra: la morte di massa.
“Venerdi 11 settembre…Spettacolo orribile del campo di battaglia, lungo tutto il cammino. Piove. Traversata della foresta: ci sono ancora dei gruppi di boches ritardatari; un povero piccolo ciclista, molto giovane, è stato ucciso, davanti a noi. Dappertutto morti. Panetterie di campagna abbandonate. Automobili idem. Nei campi, si possono ricostruire le fasi della battaglia dalla posizione dei morti: alcuni caricano alla baionetta, altri in ginocchio a sparare. Thirion schiva un colpo di baionetta che gli sferra un ferito che sta curando: ha la debolezza di non uccidere questa carogna. Quanta carne boche morta in tutti questi campi! Macine di mulino bruciate con i cadaveri. Dall'inizio della guerra abbiamo recuperato quattrocentosei feriti.”
[da Les carnets de l’aspirant Laby, 28 juillet 1914-14 juillet 1919, Ed. Bayard, 2001, pag. 60]
7-Pagina con foto segnaletiche di soldati dispersi. Sur le Vif N°6 del 19 dicembre 1914.
Il numero delle vittime sale vertiginosamente, una pagina come questa con fotografie di tipo seriale è una novità assoluta nella storia della guerra. La rivista dovrà, nei mesi successivi, limitare il numero delle fotografie a causa della lunghezza degli elenchi dei dispersi. Queste fotografie segnaletiche già anticipano l'estensione dei cimiteri di guerra e i lunghi elenchi dei monumenti ai caduti.
“Finalmente sono rientrata! Alla mia pensione di famiglia, niente lettere di Martial. Mi ero troppo abituata a questa corrispondenza ogni due giorni. All'inizio della guerra la posta funzionava male. Forse questo fatto si ripete. Oppure il mio Amato è in un posto dove le lettere non si possono spedire. Non so che pensare. Infine, può darsi che giungano domani.”
[dalla serie Réfugiée et infirmière de guerre di Jack de Bussy, 15 dicembre 1915, Ed.Maison Figuière, 1915, pag.235]
8-Infermeria tedesca nelle trincee dell’Aisne. Illustrierte Geschichte des Weltkrieges 1914-1915.
La nuova guerra impone esigenze diverse da quelle del passato. Le illustrazioni della rivista tedesca“Illustrierte Geschichte des Weltkrieges” spesso mostrano soldati germanici uccisi durante il combattimento e sofferenti. Non è un’operazione di verità, ma di esaltazione dell’eroismo e del sacrificio del popolo tedesco in nome della nazione. Al contrario, le fotografie di questa rivista non mostrano mai la violenza del combattimento, anche se ricostruita nelle retrovie del fronte. Il paesaggio che vediamo è già quello della trincea e la medicina dovrà adeguarsi a questa nuova realtà della guerra.
“La Prima Guerra Mondiale ha posto questioni nuove ai medici, al punto di rimettere in causa i principi terapeutici dominanti, ammessi, stabiliti e messi in opera all'entrata in guerra. Il confronto tra la guerra vissuta da quelli in prima linea, sovente giovani medici gettati senza preparazione ed esperienza nel combattimento, ”quelli dentro”, e quella immaginata da coloro che stanno nelle retrovie, che si tengono a distanza dallo scontro militare, ma che hanno più esperienza, ”quelli fuori”, condiziona sia il meccanismo del processo decisionale, sia le azioni al fronte, in termini pratici ed etici: intervenire o astenersi? Amputare o conservare? Curare o lasciar perdere? Tre questioni poste al mondo della medicina che stanno a monte del che fare sul campo di battaglia, tra il 1915 e il 1918.”
[da Les médicins dans la Grande Guerre, 1914-1918 di Sophie Delaporte, Introduzione, Ed. Bayard, pagg. 10-11]
9- Illustrazione su combattimenti e riconquista francese attorno alla collina e al villaggio di Vauquois. Le Panorama de la guerre, 1914.

La collina di Vauquois è uno dei luoghi in cui ancora oggi si percepisce la dimensione infernale della nuova guerra. La fotografia non riesce ancora a mostrare la ferocia del combattimento. All'illustrazione di tipo pittorico il compito allora di sostenere l'idea dell'offensiva e della lotta per la difesa della propria terra.
“Il nuovo nome di Vauquois mi piace di più che i nomi delle Argonne, lugubri, confusi, come ventate invernali tra i grandi alberi: la Fille-Morte, les Meurisson, la Haute-Chevauchée, la Croix-de-Pierre, la Pierre-Croisée, le Four-des-Moines, les Courtes-Chausses…Vauquois solitario sulla sua cresta, in mezzo alla distesa delle foreste, ha un nome fiero e freddo che mi ricorda il Medio Evo feudale. Vauqauois è duro e austero come il nome stesso della guerra. Quando l'abbiamo conquistato, avevamo ai nostri piedi la piana della Meuse: i combattimenti,da quella parte, non dovevano essere furbi e meschini come quelli tra i boschi, nel fondo dei burroni fangosi. Io adotto Vauquois.”
[Da Nous autres a Vauquois di André Pézard, Ed. Presses Universitaires de Nancy, 2001, pag. 25-26, 1918]
10-Combattimenti nella foresta delle Argonne. Illustrierte Geschichte des Weltkrieges 1914-1915.

E' iniziata la lunga guerra di posizione. L'illustrazione racconta ciò che avviene nella foresta delle Argonne: qui si combatterà una lotta feroce in cui la distanza delle posizioni sarà anche di pochi metri dall'avversario. Ancora oggi, visitando la foresta, si possono vedere i segni di una lotta terribile, combattuta spesso nell’oscurità e a distanza ravvicinata.
“Ciò che ha sempre conferito al bosco della Gruerie, anche nei momenti più tranquilli, il suo sapore, sono i proiettili vaganti, di solito tedeschi, qualche volta francesi; non smettevano di sibilare tra gli alberi, minacciando a ogni passo chi fosse andato in giro. La loro musica ci diventò talmente familiare che cessammo molto presto di prestarvi attenzione. Le ore più pericolose erano quelle del tramonto. Allora nel bosco era sempre in corso un attacco da qualche parte e pioveva giù fitto. La radura in cui eravamo accampati la sera del 13 si trovava particolarmente esposta. Steso ventre a terra, nella mia baracca, accanto al sergente della 2° sezione, F…, che la condivideva con me, ascoltavo passare sopra di noi il fruscio del nugolo di proiettili che squarciavano senza difficoltà le nostre sottili barriere.”
[da La guerra e le false notizie, ricordi (1914-1915) e riflessioni (1921) di Marc Bloch, Donzelli 2002, pag.49]

sabato 5 novembre 2011

Sulla Costa Azzurra prima della Grande Guerra

L’autovettura dei turisti fotografi, Montecarlo, 1909, da Kodak Souvenir, Coll. S. V




Lo storico Ian Ousby dedica la seconda parte del suo lavoro sulla Battaglia di Verdun, alla Francia della Terza Repubblica e racconta un episodio avvenuto il 4 settembre 1870.
In quella giornata l’Imperatrice Eugenia, fuggendo dal palazzo delle Tuileries, assediato dai parigini che guidati da Leon Gambettà e Jules Favre chiedevano l’abdicazione di Napoleone III e la repubblica, fu obbligata a passare per il Louvre.
Le opere d’arte per precauzione erano state trasportate a Brest, ma il museo conservava ancora quadri che per ampiezza e peso non era stato possibile spostare, tra questi il famoso "La zattera della Medusa" di Géricault.
L’Imperatrice, nonostante il momento drammatico e i rischi per la sua persona, si sarebbe fermata ad osservare il dipinto per alcuni minuti.
La zattera della Medusa” era l’immagine della Francia sconfitta dai prussiani a Sedan: un paese simile alla fregata naufragata nel 1816 davanti alle coste del Senegal. I superstiti aggrappati ad una zattera erano dei disperati, pronti a uccidersi e divorasi tra loro.
Ed era avvenuto questo sulla quella zattera in cui 150 naufraghi avevano cercato scampo.
Nel 1909 la Francia è ancora simile al dipinto su cui si era posato lo sguardo dell'imperatrice Eugenia?
La Francia è un paese governato da un regime repubblicano che si è affermato sul sangue sparso a Parigi nei giorni della Comune, ha respinto con fatica i tentativi della destra golpista e quelli di un ritorno monarchico, ha corso il rischio di sprofondare nella guerra civile con l'affare Dreyfus e in cui gli scandali, l’affarismo e uomini politici mediocri provocano insoddisfazione e inquietudine. E' una Francia però che in questi decenni di pace si è risollevata economicamente dai disastri della guerra del 1870 e in cui la modernità si esprime nelle grandi opere pubbliche ed in una capitale che a quel tempo è il centro culturale della Terra.
La nazione possiede un sistema scolastico invidiabile e dominato da valori laici con venature fortemente anticlericali; è una grande potenza coloniale, industriale e militare con una popolazione che è la metà dei tedeschi e che nel profondo non vorrebbe una nuova guerra contro la Germania, ma si entusiasma se per le strade passa la bandiera nazionale e pensa ad una rivincita sul 1870, come qualcosa di possibile, ma tutto sommato da evitare.
[Recenti studi hanno ridimensionato la leggenda dell'entusiasmo dei francesi allo scoppio delle ostilità nell'agosto del 1914, vedi il saggio di J.J. Becker "La fleur au fusil: retour sur un mythe", in Vrai et faux dans la Grande Guerre, a cura di C. Prochasson e A. Rasmussen, Ed. La Découverte, Parigi, 2004]
Un angolo della Terza Repubblica viene fotografato nel 1909 sulla Costa Azzurra dai nostri ignoti turisti-fotografi e le immagini ci portano dentro quel clima che precedette lo scoppio della Prima Guerra Mondiale. E’ il 1909, l’anno dell’incidente di Agadir: la tensione tra le potenze europee sta crescendo e i francesi, come del resto tutti i popoli d’Europa, temono che la calma apparente, gli aggiustamenti diplomatici, gli appelli pacifisti sono dei rinvii per uno scontro che in futuro ci sarà. A parole tutti dicono di non volere la guerra, ma questa possibilità è nell’universo mentale delle persone che vennero fotografate dai nostri turisti a Nizza, a Mentone, a Montecarlo.
Ian Ousby cita le parole di un intellettuale che doveva cadere combattendo nei primi mesi di guerra, Charles Peguy.
“…all’epoca gli eventi dell’agosto del 1914 portarono con se un’aura d’inevitabilità. –Ognuno udì, riscoprì e ascoltò, come nota e familiare, questa eco profonda, questa voce che non era esterna, questa voce della memoria sepolta e sommersa, nessuno sapeva perché o da quanto tempo.- Sono parole di Peguy, ma furono scritte nel 1905, durante una crisi nelle relazioni franco-tedesche troppo breve per essere menzionata al di fuori di racconti estremamente dettagliati dagli eventi che portarono alla Prima Guerra Mondiale. La crisi del Marocco e di Agadir erano lontane, per non parlare dell’assassinio dell’arciduca Ferdinando…”
[Da Verdun di Ian Ousby, pag 266-267, Ed.Rizzoli, Milano 2002]
L’album si apre con alcune fotografie interessanti che riguardano la squadra navale francese nella baia di Villefranche, nei pressi di Nizza. E’ un paesaggio fotografico e marino che evoca la forza della marina francese nel Mediterraneo; queste navi danno sicurezza e il fumo bianco delle salve esplose in onore del Presidente della Repubblica Falliere, in visita a Nizza, danno alla ripresa, forzatamente in campo lungo, vivacità e mobilità.

Navi da guerra sulla Costa Azzurra, 1909, da Kodak Souvenir, Coll. S. V



E’ il 26 aprile del 1909, tra cinque anni i cannoni tuoneranno sul serio e la nuova guerra, fatta eccezione per la Battaglia dello Jutland, non vedrà grandi scontri sul mare in cui invece si sperimenteranno sommergibili, estesi posizionamenti di mine, motosiluranti. Per il momento la squadra navale francese saluta sul Mediterraneo il suo Presidente, sono segnali e messaggi di avvertimento ai tedeschi e al loro Kaiser che ha provocato la Francia inviando una corazzata nel porto di Agadir e che inquieta l’Inghilterra con la costruzione di una flotta in grado di competere a livello mondiale con l’Impero Britannico.
I nostri turisti-fotografi sembrano dei buoni francesi e quindi non si lasciano sfuggire l’occasione di portare a casa quella che è anche la documentazione visiva di un grande spettacolo a cui non capita tutti i giorni di assistere.
E c’è un altro elemento che cattura l’interesse: anche se la ripresa in campo lungo da alle navi da guerra l'aspetto di giocattoli, esse non sono più i velieri di un tempo; queste sono macchine d’acciaio, munite di cannoni potenti e di lunga gittata. E’ un elemento di novità, quasi quanto l’automobile e l’abitudine a scattare fotografie dalla vettura in corsa.
I fotografi raggiungono il percorso del corteo presidenziale e immancabilmente si fermano a fotografare; la didascalia dell’album esprime ancora una volta il fascino per la velocità. Una sequenza di tre fotografie racconta il passaggio dell’auto di Falliere che è descritto “comme un’eclair”.

Passaggio dell'auto presidenziale, 1909, da Kodak Souvenir, Coll. S. V



La visita del Presidente a Nizza comprende una parata militare e la gente assiste numerosa e con entusiasmo. I turisti-fotografi si mischiano ancora alla folla e scattano con la loro kodak.

Nizza, Passaggio dell'artiglieria alpina fotografata dall’automobile, 1909, da Kodak Souvenir, Coll. S. V



Non vediamo i volti della gente se non in una fotografia che mostra uno chasseur, zaino e fucile appiedati, con alle spalle una transenna molto rudimentale davanti alla quale si accalca la gente con pagliette e ombrellini. In prima fila ci sono i padri con i bambini e tutti sembrano fiduciosi, ma sappiamo che tra pochi anni la guerra porterà il lutto in molte di queste famiglie.

Nizza, La gente al passaggio del Presidente Falliere, 1909, da Kodak Souvenir, Coll. S. V






Una fotografia è dedicata alla bandiera, simbolo dell’unità repubblicana, un’altra invece mostra pagliette e grandi cappelli delle signore mentre i dragoni a cavallo sfilano lungo il boulevard di Nizza.

Nizza, Passaggio della bandiera nazionale, 1909, da Kodak Souvenir, Coll. S. V



L’inquadratura della seconda è migliore delle altre, osservandola si respira il profumo di un tempo quasi mitico, “la belle epoque”.

Nizza, cappelli e dragoni, 1909, da Kodak Souvenir, Coll. S. V



Forse nello stesso giorno o in quelli appena seguenti i fotografi si trasferiscono a Montecarlo dove si svolge l'annuale gara di motoscafi per Coppa del Principe di Monaco. Ancora immagini con velocità e innovazione. Vediamo sfrecciare il motoscafo del Duca di Westmister, vincitore della gara.


Mentone, motoscafo del Duca di Westmister, 1909, da Kodak Souvenir, Coll. S. V



Cosa sta per finire con le immagini che abbiamo proposto in questi post dedicati ai Kodak Souvenir? Sappiamo che le epoche storiche non terminano mai di colpo e tutti gli eventi traumatici portano in se qualcosa di vecchio e di nuovo.
Le fotografie che i nostri turisti-fotografi eseguirono avevano in se un elemento che riescono, a nostro avviso, a ben riflettere: la fiducia. Le più importanti, tra le fotografie che verranno dopo la Grande Guerra e che fanno parte del nostro universo culturale, siano d’autore o anonime, saranno un’osservazione critica e disillusa del paesaggio circostante lo sguardo fotografico.