domenica 4 marzo 2012

1914-1918 Il prigioniero fotografato Prima parte



1918, prigionieri tedeschi si abbeverano dopo la cattura, Le Miroir N° 249, 1 settembre 1918






Nel corso della Prima Guerra Mondiale l’immagine fotografica del prigioniero assume un ruolo centrale nell’azione di propaganda che gli schieramenti contrapposti mettono in campo nei confronti del fronte interno, delle nazioni avversarie e quelle neutrali.
Mostrare un gran numero di prigionieri, soprattutto dopo particolari offensive o in alcune fasi del conflitto, vuol dire che si è vicini alla vittoria.
I prigionieri vengono fotografati e la loro immagine compare sulle riviste illustrate quasi in ogni numero, in questo modo la fotografia del prigioniero diventa centrale nella rappresentazione fotografica della guerra. Queste fotografie, date in pasto ad un pubblico affamato di notizie, contengono forti elementi di falsità. Si tratta certamente di veri prigionieri, ma l’immagine proposta ha l’obbiettivo di dimostrare che vengono trattati bene e che sono contenti del loro stato: per loro la guerra è già finita.
Tutto questo é falso: i prigionieri, oltre alla privazione della libertà, subiscono maltrattamenti, soffrono la denutrizione e la discriminazione di classe (diversità di trattamento tra ufficiali e soldati). Bisogna aggiungere che nel corso degli anni, le nazioni in guerra debbono far fronte ad una crescente scarsezza alimentare per la popolazione civile che si trasforma per Germania, Austria e Russia in vera e propria carestia, questo fatto segna anche un peggioramento nelle condizioni di vita nei campi di detenzione.
Il prigioniero inoltre si sente circondato dall’ostilità della gente che si manifesta in particolari momenti della guerra.


Prigionieri austriaci scortati dai soldati italiani, illustrazione di Achille Beltrame, La Domenica del Corriere, N° 25, 20-27 giugno 1915,



Un esempio di questo atteggiamento, è contenuto nel brano di una lettera della signora Margherita del Nero, spedita a suo marito Giuseppe Mizzoni il 9 agosto 1916, all’indomani della conquista italiana di Gorizia.

9 agosto
Mio caro Peppino... Ieri sera qui, per telefono da Roma si sparse subito la notizia che avevano fatto 6000 prigionieri ed avevano preso Gorizia. Subito la piazza si ghermì di quel po’ di popolo che è rimasto nei paesi ossia ragazzi, donne e adulti, e nel mentre una banda suonava nella piazza, l’altra faceva il giro del paese, con tutte torce accese ed appresso alla musica andava tutta la gioventù di Veroli portante a tracolla i fucili del tirasegno. Quasi in tutte le case sono issate le bandiere tricolori, e si cantavano inni patriottici. Quando questa processione passò giù a Santa Croce io ero già a letto, sentii scuotermi tutta, subito per l’emozione mi vennero le lagrime agli occhi il pensiero mi corse a te, sognai di stringerti per un istante al mio cuore…che il mio sogno possa presto cambiarsi in realtà. Mentre ti sto scrivendo, si è sparsa la notizia che è giunto un telegramma da Roma annunciante che gli italiani sono entrati definitivamente a Gorizia e che 1200 soldati di cavalleria sono andati 15000 chilometri più indentro di Gorizia, e che i nostri hanno fatto 30000 prigionieri austriaci, compreso tutto lo stato maggiore. Le notizie sono ottime, speriamo presto in un buon risultato. Ieri sera fino a mezzanotte ci è stato questo trattenimento per Veroli, poi siccome si sa che in campagna al villino di Bisleti ci sono a villeggia undici austriaci, tutti questi ragazzi, armati di fucile, si sono recati li, ed a forza di gridare abbasso l’Austria, viva l’Italia, fuori i vigliacchi, hanno costretto quelli che dormivano a scendere per la strada e gridare con loro viva l’Italia e abbasso l’Austria…Oggi con un popolo rafforzato, armati vi si sono recati di nuovo, ed è stato necessario l’intervento della polizia.
[Delle lettere della Signora Margherita del Nero, nonna materna dell’autore di questo blog, abbiamo parlato in un post precedente. ]
Gli storici sottolineano come la Grande Guerra ponga alle nazioni in conflitto la questione dei prigionieri, e per la prima volta, come un fenomeno di massa.
Chi oggi visita il Museo Internazionale della Croce Rossa di Ginevra può entrare in una grande sala dove sono conservate sette milioni di schede riguardanti i prigionieri di tutte le nazioni in conflitto.

Inaugurazione dell’Agenzia dei prigionieri di guerra, Le Miroir N° 67 del 7 marzo del 1915.






L’Agenzia dei prigionieri di guerra viene inaugurata a Ginevra il 15 agosto 1914 dal Comitato Internazionale della Croce Rossa e ben presto deve occuparsi di fornire informazioni a milioni di famiglie; grazie alle visite dei suoi agenti nei campi di prigionia, riesce ad organizzare lo scambio di 200.000 prigionieri e impiega, dall’agosto del 1914 sino al 1923, quasi 3.000 dipendenti, la maggior parte volontari.
[Queste informazioni sono tratte dal Catalogo edito dal Museo Internazionale della Croce Rossa, 1999, Ginevra]


Volontari al lavoro sulla corrispondenza dei prigionieri alle famiglie, Le Miroir N° 67 del 7 marzo 1915






Alla nascita di questa importante organizzazione umanitaria molte riviste illustrate, e tra queste la più volte citata Le Miroir, dedicano un certo spazio.
Le Miroir lo fa un servizio su due pagine, pubblicato sul numero 67 del 7 marzo del 1915.

Volontari al lavoro sulla corrispondenza dei prigionieri alle famiglie, Le Miroir N° 67 del 7 marzo 1915



La fotografia dell’inaugurazione definisce “l’Agence des prisonniers de guerre” come “une des plus belles oeuvres de solidarité née du grand conflit européen.”.
Volontari al lavoro sulla corrispondenza dei prigionieri e pacchi di lettere su un carro, Le Miroir N° 67 del 7 marzo 1915





















Sette fotografie raccontano il lavoro svolto dall’Agenzia: una sala invasa dai sacchi della posta, lo spoglio della corrispondenza, la classificazione delle schede secondo il paese di provenienza dei prigionieri, l’ufficio informazioni. Si tratta di un raro sevizio fotogiornalistico impostato in modo obbiettivo e il commento è depurato di qualsiasi accento nazionalistico. La Croce Rossa riesce ad organizzare anche importanti scambi di prigionieri attraverso la mediazione dei paesi neutrali, come quello mostrato in un servizio sul numero 68 di Le Miroir.

Lo scambio dei grandi mutilati francesi e tedeschi avvenuto in Olanda alla stazione di Flessingue, Le Miroir N° 68.






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