sabato 12 maggio 2012

1914-1918 La violenza rappresentata Quarta parte

La violenza nell’occhio fotografico: guerra alla guerra
Nei tre post che precedono la quarta e conclusiva parte della riflessione sulla rappresentazione della violenza nella Prima Guerra Mondiale, abbiamo cercato di delineare un percorso che, al contrario di una versione horror della guerra, conduca il lettore all’osservazione di fotografie particolarmente dure come una modificazione culturale e carica di significati per gli anni del dopoguerra e dell’intero Ventesimo secolo.
Il dato di base rimane sempre lo stesso: queste fotografie non solo vennero realizzate, ma pubblicate e quindi vendute ad un vasto pubblico. Esse furono utilizzate dalla propaganda nazionalista durante la guerra e, negli anni che seguirono il conflitto, da quella antimilitarista e pacifista per dire che quella doveva essere l’ultima delle guerre.
Come in molte altre occasioni è la rivista Le Miroir che ci viene in aiuto: sulle sue pagine l’utilizzo di fotografie dure toccò livelli non raggiunti da altre riviste a lei coeve.
Proponiamo una fotografia comparsa sul numero 102 del 7 novembre 1915 e che per l’impatto visivo può essere considerata come un’icona del massacro perpetrato nel corso della Prima Guerra Mondiale.

Le Miroir, N° 102 del 7 novembre 1915



La stessa rivista non può fare a meno di definire la fotografia come l’immagine di un massacro.
Una sola mitragliatrice prendendo un camminamento d’infilata a compiuto questo massacro.
Ecco una delle fotografie più impressionanti realizzate dopo l’inizio della guerra. Davanti alla Ferme de Navarin, in Champagne, una delle nostre mitragliatrici sorgendo all’estremità di questo camminamento che permetteva di comunicare tra loro a due trincee tedesche, ha bruscamente sparso la morte. Fulminati, gli uomini sono rimasti sul posto crivellati di proiettili. Non uno è sfuggito. Dalla loro posizione si capisce che nessuno ha avuto il tempo di mettersi in salvo.”
L’impiego della mitragliatrice fu una delle novità della guerra e la potenzialità distruttiva di quest’arma causò centinaia di migliaia di vittime. La mitragliatrice era utilizzata da tutti gli eserciti e i lettori di Le Miroir non dovevano compiere un grande sforzo ad immaginare che la sorte toccata ai tedeschi in questo camminamento, poteva essere la stessa di un gruppo di soldati francesi in una situazione simile. Questa immagine evoca l’idea di una morte universale compiuta da un unico mezzo distruttivo.
E’ autentica la fotografia? La risposta è difficile, si può pensare che alcuni volonterosi abbiano messo in fila i cadaveri dei tedeschi per eseguire una fotografia di particolare effetto e poi cercare di vincere il premio in denaro offerto da Le Miroir sin dai primi mesi del 1915. Si può ritenere invece che la fotografia sia autentica ed eseguita dopo la fine dei combattimenti di un’offensiva che non portò nessun vantaggio all’esercito francese.
Nella pagina che precede l’immagine pubblicata in grande formato troviamo altre due fotografie drammatiche, ma di minor impatto. Mostrano la sepoltura dei tedeschi e servono per dire alla gente che le perdite degli avversari sono state molto elevate.


Le Miroir, N° 102 del 7 novembre 1915



Così la didascalia commenta le due fotografie:
“La prima delle due fotografie mostra il luogo denominato Piazza dell’Operà tra Souain e Thaure, posto che è stato utilizzato come rifugio per i nostri feriti durante l’offensiva in Champagne…Prigionieri tedeschi lavorano a scavare fosse per seppellire i loro compagni morti. In quell’altra una veduta realizzata sul campo di battaglia nello stesso settore, nel momento in cui i corpi dei nemici vengono radunati prima della sepoltura.”
Oltre a voler dimostrare che i combattimenti sono stati favorevoli per i francesi, qui si tenta anche di umanizzare la guerra con il fatto che i corpi dei nemici uccisi vengono sepolti e non lasciati marcire sui campi di battaglia. Un dovere igienico, ma anche cristiano.
Molte fotografie di questo tipo si trovano in un libro pubblicato nel 1924 da un anarchico tedesco e fermamente pacifista, Ernst Friedrich. Friedrich allo scoppio della guerra si rifiutò di arruolarsi e per questo venne prima rinchiuso in manicomio e poi in carcere: quando la guerra finì volle dare una testimonianza delle sue convinzioni pacifiste pubblicando un libro in cui raccoglieva una serie di immagini particolarmente dure sulla violenza perpetrata tra il 1914 e il 1918. Il titolo è di per se significativo e voleva dire che occorreva combattere la guerra con le armi della ragione e delle immagini. Solo vendendo ciò che era accaduto gli uomini potevano rifiutare il massacro di un’intera generazione.
Questo libro è un grande contributo alla storia della fotografia.
Friedrich aprì un museo a Berlino, ma nel 1932 i nazisti lo chiusero e al suo posto installarono una sede del partito nazionalsocialista. Nel 1982 il museo è stato riaperto dal nipote di Ernst Friedrich.

Copertina di Guerra alla Guerra di Ernst Friedrich-1914-1918:scene di orrore quotidiano, Ed. Mondadori, 2004



Se pensiamo a ciò che accadde dopo il 1932, sappiamo che il cammino della pace è lento. Nell’introduzione al suo libro Ernst Friedrich si rivolgeva ai proletari e nel capitolo intitolato Prevenire la guerra, scriveva:
“Il capitale è sicuramente la causa di ogni guerra, ma noi proletari siamo responsabili. Poiché siamo noi a dover andare in guerra, siamo noi a doverla evitare. Rifiutate di prestare il servizio militare! Educate i vostri figli a disobbedire, a rifiutare a loro volta di prestare il servizio militare e di andare in guerra! Sono in molti a non accorgersi che la guerra si comincia preparare in famiglia, ed è questa la causa di tutti i mali, il vero inizio della guerra. La madre che intona al proprio figlio un canto militare, prepara la guerra!...”
Milioni di operai votarono per Hitler. Il sogno, forse utopia, di Ernst Friedrich ancora oggi non si è avverato e la guerra viene mostrata dalla televisione e sulla rete. Molti guardano distratti queste immagini di morte, altri evitano di osservarle per mettere, in qualche modo, al riparo la loro coscienza. Ma un mezzo utile per combattere la guerra è resta mostrare cosa veramente sia: chi fa vedere la guerra non come uno spettacolo, ma come un omicidio compie un’opera difficile da realizzare e che potrebbe essere riassunta in una frase: “noi ve lo stiamo facendo vedere e per questo voi sapete, ricordate quando nell’altro iniziate a scoprire il nemico.”

Le Miroir, N° 75 del 5 maggio 1915, collina di Vauquois, cratere con cadaveri









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