lunedì 6 luglio 2015

La rivolta degli Alpini ad Aosta 25 e 26 novembre 1915 Prima parte

Il fascicolo conservato presso l'Archivio Centrale dello Stato. Le immagini dei documenti in esso contenuti non saranno pubblicate in quanto su di esse gravano dei diritti di pubblicazione.

Un episodio sconosciuto avvenuto ad Aosta durante la Prima Guerra Mondiale e citato  brevemente in studi più generali dedicati all'Esercito Italiano negli anni 1915-1918, riemerge dal passato esaminando i documenti conservati presso l'Archivio Centrale dello Stato e contenuti in un fascicolo dal titolo "Aosta- Ammutinamento degli Alpini del 4° reggimento". L'analisi della documentazione svela una vicenda che si inserisce nella   protesta contro la guerra che si manifestò in modi diversi e culminò durante la disfatta di Caporetto, quando tanti soldati decisero di tornarsene a casa. Ad Aosta nel novembre del 1915 tra gli alpini serpeggiò il malcontento ed esplose la rivolta per il trattamento a loro riservato dalle autorità militari e questo fatto, unito ad altre proteste avvenute nei paesi di Oulx e di Sacile e  che ebbero come protagonisti sempre gli alpini,  mise in forte preoccupazione i comandi militari e il Governo Salandra per la tenuta complessiva dell'Esercito a pochi mesi dall'entrata in guerra dell'Italia.
Copertina della rivista francese Le Pays de France del 1915 in cui si rappresenta la guerra combattuta dagli Italiani sulle Alpi  Orientali 
Che cosa accadde ad Aosta? In seguito alle prime due sanguinose battaglie dell'Isonzo ad Aosta vennero inviati numerosi alpini feriti e ammalati per trascorrere un periodo di riposo in vista di essere inviati nuovamente al fronte. Improvvisamente fu comunicato ai soldati che la data della partenza era stata fissata per la mattina del 26 novembre: la sera del 25,  quando fu data agli alpini la libera uscita i soldati si ribellarono all'ordine di tornare in caserma. Chi era rientrato uscì nuovamente per le strade, furono infranti vetri e lampioni della caserma, vennero liberati soldati detenuti e circa 400 uomini invasero le strade di una cittadina addormentata in una notte fredda di inizio inverno. I ribelli cercarono di bloccare la partenza dei treni rovesciando qualche carrello sui binari della stazione, poi lentamente la protesta rientrò e i soldati si lasciarono convincere dagli appelli degli ufficiali e dalla paura per le conseguenze del loro gesto. I soldati del 4° Alpini partirono regolarmente per il fronte la sera del 26, 24 furono i soldati deferiti al Tribunale Militare di Torino, la città si mantenne calma e i cittadini che si recarono alla stazione assistettero con un silenzio, definito insolito, alla partenza della tradotta. 
La guerra in alta montagna vista in un'illustrazione della rivista francese Le Panorama de la Guerre del 1915

Su questo episodio calò il silenzio e i giornali valdostani del tempo non ne parlarono. La figura dell'alpino, fedele montanaro e difensore del re e dalla patria, fu affidata ad una memoria che il fascismo costruì per giustificare se stesso e la sua andata al potere, ma che non fu rivista e aggiornata nemmeno nei primi decenni della Repubblica nata dalla Resistenza. Poi il lavoro degli storici fece luce su cosa era stata realmente la Grande Guerra per la giovane nazione italiana e oggi, in questo centenario, le cose vengono osservate in modo diverso. L'analisi dei documenti a nostra disposizione e che riguardano questo episodio di rivolta, mostra un'altra faccia della Grande Guerra. L'Italia di chi aveva voluto l'intervento nel conflitto europeo che era già in corso da un anno, sembra che stesse combattendo due guerre: una contro il secolare nemico austroungarico e un'altra contro un popolo italiano ritenuto inaffidabile, influenzato dalla propaganda socialista e che si sentiva estraneo alla guerra liberatrice per le province irredente, propugnata sulle piazze dalla piccola e media borghesia interventista. I montanari delle vallate valdostane e piemontesi che combatterono nel corpo degli alpini non avevano un atteggiamento molto diverso da quello del vasto mondo contadino italiano per cui il concetto di patria e di Italia era ancora molto vago. Emerge dalla lettura delle relazioni che vennero stilate a partire 26 novembre 1915, la preoccupazione delle autorità militari per la scarsa efficienza del corpo ufficiali e un sospiro di sollievo per il fatto che tra le cause della rivolta non ci fosse l'agitazione di gruppi politici contrari alla guerra, i socialisti, i cattolici oppure gli anarchici. La responsabilità venne affidata al troppo vino bevuto nelle bettole della città e a qualche esaltato che, sempre nei fumi del vino, aveva corrotto ed eccitato gli animi. Purtroppo in casi come questi i documenti che ci restano oggi sono quelli ufficiali e scritti da coloro che nella guerra ci credevano oppure dovevano farla fare agli altri, cercando con tutti i mezzi di mantenere l'ordine e la disciplina tra i soldati. Nel fascicolo conservato presso l'Archivio Centrale dello Stato, di questo episodio non ci restano le testimonianze dei soldati, non ci sono gli atti del tribunale che processò e condannò i responsabili. Se si esaminano i documenti ufficiali non si può fare a meno però di notare come qualcuno, tra le autorità, individuasse anche le reali cause della rivolta che covava da tempo e il cui esplodere fu addebitato ai fumi del vino. I documenti a nostra disposizione sono i seguenti: cinque telegrammi, una relazione del Generale Zupelli, Ministro della Guerra, al Presidente del Consiglio Salandra, un'altra relazione del  Tenente Generale Comandante la Divisione Territoriale, inviata il 27 novembre, un documento firmato dal Prefetto di Torino Verdinois e datato 30 novembre, un altro, sempre di Verdinois, in cui si giustifica l'operato del Sottoprefetto di Aosta Pettinari e un'ultima relazione del Commissario di Pubblica Sicurezza Tabusso in cui si fa un'analisi, anche politica, della situazione ad Aosta e che individua le cause precise della rivolta. 
Le Pays de France, autunno del 1915, due fotografie illustrano la guerra degli italiani in montagna. 
Nel post succesivo presenteremo alcuni brani tratti dai testi dei documenti conservati presso l'Archivio Centrale dello Stato.

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